DISABILITÀ E DIRITTO AL LAVORO: «PUNTI DI VISTA» PARLA DEI SERVIZI DI CITTA' METROPOLITANA
Le persone con disabilità e il diritto al lavoro. Il tema è stato al centro della puntata di «Punti di vista» in onda mercoledì 29 maggio su Rai 2. Tra gli ospiti della trasmissione condotta da condotta Luca Mazza anche il direttore del nostro settore Federico Ottolenghi, collegato da Milano allo studio di Roma via streaming. Con lui anche Marinella Cornacchia, presidente di Aresam (Associazione regionale per la Salute Mentale); Salvatore Semeraro, presidente del Consorzio SIR (Ente del Terzo Settore a marchio ANFASS); Patrizia Danesi, coordinatrice nazionale della Associazione Italiana Persone Down; Vittorio Ciarrocchi, di Confcooperative Federsolidarietà Lombardia, e Stefano Mazzoleni, docente Bioingegneria Politecnico di Bari.
Ottolenghi ha spiegato come funziona il “collocamento mirato” in Città metropolitana nel quadro del Piano Emergo, impiegando strumenti e misure anche innovative per realizzare quanto previsto dalla normativa vigente, a partire dalla legge 66/98. «Nei percorsi di inserimento lavorativo delle persone con disabilità cerchiamo di mettere insieme le esigenze della stessa persona con quelle dell’azienda, in un incrocio domanda-offerta di lavoro che cerca soluzioni positive per entrambe le parti, come del resto si fa nel collocamento tradizionale». Sono stati circa 4.300 gli avviamenti al lavoro di soggetti con disabilità. «Ci si può iscrivere al collocamento mirato se si rientra nei previsti requisiti, rivolgendosi a uno dei nove centri per l’impiego di Città metropolitana. Gli operatori prendono in carico la persona per valutare il suo potenziale e accompagnarla lungo un percorso su misura per lei».
In Italia, come è stato ricordato in trasmissione, le persone con disabilità che hanno trovato occupazione sono il 51,6%, ovvero Su 750mila iscritti al collocamento mirato, sono 350mila gli occupati soprattutto nei settori del commercio, della ristorazione, del turismo, dell’’agricoltura sociale e dell’industria (prevalentemente con mansioni d’ufficio). Un dato tutto sommato in linea con la media europea. Il gap rispetto ai lavoratori che non hanno disabilità è di quasi 24 punti e mezzo. Le criticità riguardano giovani, donne e over 55 anni. Nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni la percentuale degli occupati risulta alquanto ridotta, pari al 17%. Ma riguardo ai giovani c’è una questione che già si impone all’attenzione. «Dopo il Covid è esploso il problema della salute mentale nei giovani che però per poter accedere al collocamento mirato devono avere una validità certificata superiore al 45% - ha spiegato Marinella Cornacchia – Siamo oggi ad una scelta: vogliamo passare ad un sistema evolutivo che migliora la qualità della vita delle persone o vogliamo restare fermi in una logica assistenzialistica». «Il vero problema negli anni è stato che ci siamo focalizzati su aziende in obbligo per legge ad assumere persone con disabilità, mentre la realtà è che il 10% delle imprese che le assumono non sono in obbligo, ma lo fanno lo stesso. Andrebbero premiate per questo, invece non viene riconosciuto loro alcuno degli incentivi previsti» ha rivendicato Semeraro. Tra queste le stesse cooperative B, imprese che sono state e continuano ad essere l’avanguardia di un cambiamento soprattutto culturale che deve essere comunicato e fatto conoscere «perché la verità è che il lavoratore disabile non è un peso per l’azienda». Grazie all’articolo 14 della legge Biagi, anche le aziende con un ambiente troppo ostico per potersi adattare al lavoratore con disabilità trovano una sponda utile nelle cooperative social che assolvono per loro all’obbligo normativo.
«Le cooperative sociali hanno la particolarità di creare un ambiente di lavoro adeguato ad accogliere le persone con i loro bisogni e potenzialità. Ma nascono e si sviluppano nella logica che ogni azione intrapresa debba realizzare una impresa che funziona e riesce a stare sul mercato oltre a corrispondere ai bisogni e alle aspirazioni della persona con disabilità» ha rimarcato Vittorio Ciarrocchi.
«Mettere la persona giusta al posto giusto, seguita da un tutor, è imprescindibile per il successo di ogni inserimento e perché poi possa durare nel tempo; altrettanto indispensabile per imparare a lavorare è la formazione» ha chiosato Patrizia Danesi, la cui associazione ha inserito personale con disabilità per il 50% in aziende del libero mercato del lavoro e per il 30% in cooperative B, mentre nella pubblica amministrazione sarebbe «un po’ più complesso da realizzare». In Lombardia, ad esempio, le assunzioni nelle Pa sono solo il 14%.