Basilica di San Nazzaro in Brolo
Il gran maresciallo di Francia Gian Giacomo Trivulzio già nel testamento del 2 agosto 1504 diede disposizioni per realizzare un'arca marmorea elevata da terra all'incirca di otto braccia nella quale inserire le proprie spoglie mortali nella chiesa di San Nazzaro per una spesa di quattromila ducati. Nel testamento successivo del 22 febbraio 1507 si prevede, oltre che il "sepulcrum", la costruzione di una cappella "in ecclesia vel prope ecclesiam" e la canonica relativa per i dodici canonici che dovevano officiare la cappella. A questo momento si deve riferire l'interessamento di Leonardo che, come noto, appronta numerosi studi e un preventivo di spese per il Mausoleo Trivulzio (cfr. soprattutto Heidenreich 1965, pp. 179-194; Pedretti 1978a, pp. 1-20; Pedretti 1978, soprattutto pp. 220-227). Leonardo sembra oscillare fra una tomba sormontata dalla statua equestre del Magno Trivulzio e un edificio vero e proprio come si avverte soprattutto nel foglio Windsor 12353. L'attuale cappella, posta insolitamente come un nartece all'ingresso della basilica, fu cominciata probabilmente nel 1511 (al più all'inizio del 1512) su progetto del Bramantino. Presto i lavori si interruppero per il ritorno degli Sforza e il conseguente esilio di Trivulzio. Il cantiere della fabbrica continuò dopo la vittoria dei francesi comandati da Trivulzio a Marignano nel 1515. Molto importante, perché ci garantisce che la redazione che ci è pervenuta della costruzione è stata controllata da Trivulzio stesso ancora in vita, è la richiesta del 6 luglio 1517 alla fabbriceria del Duomo di sette scalpellini e il 27 agosto dello stesso anno dello scultore Francesco Briosco che realizzò le statue giacenti dello stesso Maresciallo, di suo padre Antonio, della prima moglie Margherita Colleoni e del figlio premorto Gian Nicolò. Quindi niente più grandiosa statua equestre ma un semplice sarcofago come tutti gli altri familiari: primus inter pares. La data 5 settembre 1518 si leggeva un tempo sulla porta d'ingresso alla cappella dedicata alla Vergine e quella della casa canonicale. Il maresciallo morì in Francia esattamente quattro mesi dopo, il 5 dicembre 1518 in disgrazia presso la corte francese. Le sue spoglie arrivarono a Milano in Sant'Eustorgio l'11 gennaio 1519 e da lì furono traslate in San Nazzaro con grandissima pompa. La costruzione della cappella fu seguita dal Bramantino fino al 1521 quando l'erede del Maresciallo, il nipote Gian Francesco, venne imprigionato dalle truppe della lega entrate in Milano. Lo stesso nipote si impegnò il 20 gennaio 1547 a far eseguire il testamento della vedova del maresciallo, Beatrice d'Avalos, che aveva lasciato i fondi per terminare l'opera. Fu incaricato del completamento Cristoforo Lombardo che costruì la cupola e la lanterna entro il settembre di quell'anno e, come scultore, realizzò le quattro arche mancanti (Baroni 1938, p. 397 sgg). Su pressione di Carlo Borromeo, vennero tolte le casse con i corpi dai sarcofagi e collocate nella cripta, furono tolti i quattro altari nelle cappelle semicircolari e aperte due porte laterali (si rimanda a Baroni 1939, pp. 201-270 e a Suida 1953, p. 115 sgg. e alla bibliografia ivi contenuta). "Io. Iacobus Magnus Trivultius, qui nunquam quievit, quiescit. Tace.". Questo perentorio invito al silenzio inciso sul sarcofago del Magno Trivulzio, voluto dallo stesso Committente, come ci assicura l'orazione funebre di Antonio Tilesio ("Antonii Thylesii Consentini, / ORATIO, / In Funere Illustriss. Io. Iacobi / Trivultii Magni", pubblicata a Milano nel febbraio del 1519, cioè pochi giorni dopo essere stata pronunciata in San Nazzaro), sembra indicarci anche la chiave interpretativa di questo spazio singolare e suggestivo nel panorama italiano del primo Cinquecento. Il Bramantino, altro personaggio singolare e profondo, interpreta perfettamente il desiderio o l'ordine di Trivulzio rinunciando completamente agli orpelli della decorazione e dell'ordine architettonico seguendo letteralmente il prototipo costituito dal sacello di Sant'Aquilino presso San Lorenzo. Il tema del silenzio architettonico dell'involucro interno, forse concepito per esaltare in un primo tempo il mausoleo statuario di Leonardo o una personale rielaborazione del Bramantino, anticipa il primitivo progetto di Michelangelo per le tombe medicee. Sembra davvero che il Magno Trivulzio dopo aver pensato, tramite Leonardo, al più tradizionale (per un grande condottiero) monumento equestre, che forse in un secondo momento si prevedeva contenuto nell'involucro della cappella, abbia rinunciato infine al clamore della gloria mondana, forse dopo la mala disposizione del re di Francia, dato che "la Fortuna era una meretrice la quale concedea i suoi favori ai giovani, e volgea ritrosa ai vecchi le spalle" come aveva avuto modo di dire al suo avversario ma amico veneziano Andrea Gritti quando questi fu imprigionato da Gastone di Fois nel 1512 (come riporta Rebucco in Rosmini 1815, p. 658). Di questo momento intermedio potrebbe essere un indizio anche il disegno di imperatore a cavallo attribuito da Mulazzani al Bramantino (a Bramante da Suida) che ha come sfondo una cappella, cioè non vi è inserito, ma sembra collocato in uno spazio della quale fa parte perimetrale la cappella stessa (si ricordi che Trivulzio nei numerosissimi encomi ricevuti dai poeti, venne paragonato a Giulio Cesare e a Traiano) e il disegno conservato alla Biblioteca Ambrosiana, F. 251, inf., 168, sicuramente del Bramantino e forse per il Mausoleo Trivulzio. Una meditazione lucida e sconsolata sulla fortuna e sulla morte livellatrice o magari sul lungo e complicato trapasso al silenzio secondo la Gnosi che sembra aleggiare quando disse che il suo furiere gli era premorto per apparecchiargli gli alloggiamenti nell'altro mondo. Di certo non in contrasto con la cultura del Magno Trivulzio che amava l'erudizione classica, Bramantino nella Cappella Trivulzio volle rifarsi in vario modo all'antico, forse con meno precisione di dettaglio ma con più ampiezza di riferimenti che non Cristoforo Solari. Tra questi ultimi: la ripresa, già citata, in pianta e in alzato, del sacello di Sant'Aquilino presso San Lorenzo, che nel Rinascimento era considerato antico romano o almeno la cristianizzazione di un tempio romano dedicato a Ercole; il fungo centrale introdotto nella cripta (forse pensato originariamente per reggere il peso di un gruppo centrale marmoreo) derivato con quelle caratteristiche nicchie alternativamente piatte e semicircolari dalla cosiddetta tomba di Romolo a Roma; il portale, pur originalissimo con quella cornice che si flette lateralmente in due mensole, coi lati esterni degli stipiti convergenti verso l'alto come nel tempio di Vesta a Tivoli e/o secondo i dettami vitruviani, come amerà fare Antonio da Sangallo il Giovane a Roma; da ultimo quel frontone tetrastilo previsto anteriormente nell'alzato della Trivulziana contenuto nel disegno della Raccolta Bianconi, della fine del Cinquecento o del primo Seicento, con la pianta di San Nazaro (Tomo IV, p. 30) sempre che rispecchi la volontà di Bramantino. L'originale interesse antiquario del Bramantino, oltre che dalla sua pittura, viene testimoniato dalle Antiquarie Prospetiche Romane Composte per Prospectivo Melanese depictore, identificato in modo convincente col Bramantino da Robertson (Robertson 1993, pp. 377-391) e dal codice dell'Ambrosiana. (B. A.)