Lazzaretto

.

La peste che aveva colpito Milano non meno di venti volte tra l'inizio del Trecento e la metà del Quattrocento, cessò in età sforzesca di essere considerata un evento soprannaturale e un castigo divino, per venir finalmente riconosciuta come un morbum, una febrem infectam. Si comprese che la peste veniva diffusa dal contagio e si studiarono le prime misure preventive, tali da evitare il diffondersi dell'epidemia. I mezzi furono dapprima l'isolamento dei malati e dei sospetti, la ventilazione, le fumigazioni e l'incenerimento delle cose infette. Un primo progetto architettonico per concentrare in un unico manufatto edilizio tutte le operazioni suggerite dai progressi in campo medico fu redatto nel 1468 da un ingegnere attivo al cantiere dell'Ospedale Maggiore, Elia Reina, ma soprattutto per iniziativa e promozione di Lazzaro Cairati, filantropo milanese e notaio dell'ospedale. Più che di un edificio si trattava di una vera e propria cittadella dei malati, isolati in duecento casette da edificare fuori dalle mura della città. Un evidente riferimento può essere trovato nella 'lottizzazione' di Filarete 'scomposizione delle botteghe' a casette minime nel Trattato, L.XVIII, f. 146v. Ma il progetto, di stampo filaretiano, troppo costoso e impegnativo non fu attuato sebbene favorevolmente accolto dal duca Galeazzo Maria Sforza (Patetta 1987a, p. 314). Si dovette attendere il 1488 perché, alle prime avvisaglie di una nuova epidemia, la corte accogliesse le richieste di un Consilium medicorum e le suppliche ancora di Cairati per dare l'avvio alla costruzione di un lazzaretto. Fu incaricato l'ingegnere ducale Lazzaro Palazzi (presente già nel cantiere dell'Ospedale Maggiore) di misurare il terreno prescelto, fuori città verso oriente, "in loco Sancti Gregorii" oltre a Redefossi. Palazzi, probabile autore del progetto, diresse i lavori fino alla sua morte nel 1507. Successori ne furono l'ingegnere Bartolomeo Cozzi (fino al 1509) e poi nel 1511 Amadeo. Il Lazzaretto milanese, unanimemente ammirato e riconosciuto come modello da tutte le altre città, consisteva in un vastissimo recinto quadrato (di trecentosettantacinque metri di lato) con un unico ingresso sorvegliato dai soldati e con attorno un fossato pieno d'acqua ad accentuarne l'isolamento e il carattere di cittadella chiusa e separata dal mondo esterno. Un portico di ben cinquecentoqoattro arcate distribuiva duecentottantotto cellette per gli appestati, mentre al centro del grande cortile sorgeva una cappella con altare 'panottico', per permettere agli appestati di assistere alla messa restando chiusi nella loro cella. La cappella fu sostituita nel 1585 dalla chiesa ottagonale di San Carlo, progettata da Pellegrino Tibaldi e ancora esistente. Due cose vanno segnalate: l'architettura del Lazzaretto nella sua muratura in mattoni con decorazioni in terracotta, nelle finestrelle timpanate delle cellette, nei destri o servizi con impianti igienici, nell'arredo che rendeva autosufficienti gli ammalati, rispecchiava quella del filaretiano Ospedale Maggiore (d'altronde il Lazzaretto doveva essere amministrato dai Deputati dell'Ospedale); le misure ricorrenti in tutta la fabbrica (4, 7, 12, 16, 144, 288 ecc.) dimostrano un'attenzione alla numerologia simbolica con probabili riferimenti cabalistici, forse da collegare con la presenza a Milano in quegli anni di Pico della Mirandola. Altri ipotetici riferimenti possono essere fatti sia all'Ergastolon filaretiano (altro luogo di isolamento perpetuo) sia al centro porticato attorno alla Moschea o Cupola della Roccia a Gerusalemme (vista da numerosi viaggiatori anche milanesi) sia con un organismo architettonico ben noto ai mercanti e al Lazzaretto straordinariamente simile: il Caravanserraglio mediorientale, sulla strada battuta dalle carovane (Patetta 1986, p. 34). Il Lazzaretto milanese fu subito oggetto di grande ammirazione: la sua assoluta novità tipologica fu segnalata già da Bosso nel 1492, da Corio nel 1503 e dal francese Pasquier Le Moine nel 1515; infine, fu imitato da Sanmicheli per quello di Verona (1549) Del Lazzaretto, demolito nel 1880, restano solo un breve tratto di muro con sei finestre (e le relative arcate del portico) lungo l'attuale via San Gregorio e i rilievi eseguiti prima della sua scomparsa (Beltrami 1881). (L. P.)